domenica 3 gennaio 2016

Sogni [1] - Cani

Devo aver appena corso. Il solito allenamento, solo che questa volta sono stato disturbato parecchie volte da cani lasciati sciolti dai padroni. Odio quei cani, odio la mancanza di rispetto nel pensare che avere tutto sotto controllo sia una condizione sufficiente per il quieto vivere, odio il dovermi sentire stupido nel cambiare marciapiede anche di fronte al più innocuo dei cani, "tanto lui è buonissimo". 

Accade che dentro casa mi ritrovo di fronte un estraneo. Un uomo sulla cinquantina, abbigliamento trasandato ma non sportivo, probabilmente uscito per una passeggiata. Con lui tre cani, pastori tedeschi, sciolti. Questo è veramente troppo, mi sento violato, le regole vanno rispettate sempre ma dentro casa mia poi, come è possibile una tale strafottenza?

Niente, dialogare è inutile. Alle mie richieste seguono soltanto dei secchi "no". I cani iniziano ad agitarsi, ma io non mi calmo. Sono sempre più nervoso, non ho voglia di lasciar passare l'ennesimo tentativo di assoggettarmi ed annullarmi, non posso spostarmi: non nel mio spazio. Allora, decido di alzare le mani. 

Ho paura, perché la violenza mi ha sempre spaventato. Ho paura di perdere il controllo, sono terrorizzato dai cani, nervosi più di me, che non riesco a vedere ma percepisco agitarsi dietro le mie spalle. Alzo la mano, parte il primo schiaffo.  Ad ogni impatto del mio palmo aperto sul volto dell'uomo, sento dei latrati disumani (controsenso). Sono suoni fuori dalla natura, bestiali rintocchi che scandiscono il tempo dell'aggressione. Dolore, rabbia e paura si liberano nel gesto dello schiaffo che si estende in una dissonanza avvolgente. E io, sono incolume.


Mi giro. Dietro al tavolo uno spettacolo agghiacciante. Un cane morto, gli altri due feriti.  C'è stata una lotta devastante, i cani rimasti in vita hanno entrambi perso una zampa, il pavimento è pieno di brandelli di carne e sangue. Perché? Semplice: i cani hanno deliberato. Due contro uno hanno deciso che la legge ha la priorità sull'affetto personale, che il giusto trascende il singolo individuo. Difendere il proprio padrone sarebbe andare contro un'etica al di là della persona (animale?) ed una morale che trascende la natura.



Ho sempre apprezzato la determinazione del regno animale: non c'è tempo per disperarsi, anche con una zampa in meno non si può smettere di vivere, anzi è come se non mancasse nulla. L'avete mai visto un cane con tre zampe? Zoppica, ma non se ne rende conto. Così i due pastori tedeschi rimasti in vita leccano i loro arti menomati e si accucciano vicino al cadavere del loro compagno, formando una sorta di cerchio vita - morte - vita. 

Mi guardano, io li osservo. Mi ricordo di quella puntata di Evangelion dove viene presentato un supercomputer, bio-computer forse, il Magi-01, composto da tre unità modellate su tre aspetti diversi di una singola personalità: la dottoressa Naoko Akagi. Ho sempre trovato geniale l'intuizione di affidare il funzionamento dell'avamposto tecnologico a difesa dell'umanità a un computer di sesso femminile, diviso nel suo essere una madre, una scenziata ed una donna. La giusta decisione è affidata ad un computer che introietta in sè l'esperienza dell'essere umano, anzi qualcosa di più radicale. Non è la semplice estremizzazione razionale del calcolo (del tipo: gli insegno le funzioni base, come le addizioni, per risolvere in tempo nullo qualsiasi tipo di operazione) ma è il porre l'Affetto, maiuscolo perché materno, alla base di ogni possibile scenario.



Le decisioni non si prendono da soli, ma neanche in due. Continuo a pensare che si debba essere per forza in tre per sbloccare una situazione. Chissà perché? Rifletto. Mi sveglio.