Sulla carta, Neon Genesis Evangelion, è
l'ennesima produzione giapponese fatta con lo stampino. Robottoni
giganti che combattono, salvando/distruggendo la città dall'invasore
alieno di turno, gigante pure quello. Da Mazinga in poi, sempre la
stessa storia con i soliti topoi, il tutto pensato per il solito
pubblico. Certo il titolo è pretenzioso, il design dei mecha
atipico,1
ma all'apparenza siamo sempre li: dei (non tanto) comunissimi
ragazzini sono l'unica possibilità di salvare il giappone e il mondo
dall'invasione aliena, angelica in questo caso, tramite i loro
robottoni di fiducia. Ma Evangelion a partire da queste premesse, si
evolve, perde il controllo: è chiara, a mio avviso, l'intenzionalità
dell'autore Hideaki Anno di creare qualcosa che trascenda il genere,
che spiazzi lo spettatore, lo disorienti continuamente creando un
grandissimo calderone dove infiniti piani di narrazione e
comprensione vengono a mescolarsi. Forse è la storia più personale
ed autobiografica, portata a rovesciarsi paradossalmente in un'universalità
senza tempo, che l'autore avrebbe voluto sempre raccontare, ma che era
impossibile da esplicitare senza ricorrere proprio a quelle
caratteristiche standardizzanti che la rendono innocua in superficie
e in questo modo condivisibile, comunicabile. Dai fan, il finale è
stato visto come un tradimento, come qualcosa di inconcludente,
incomprensibile:2
nella limitatezza della contingenza materiale,3
Anno è stato costretto a mostrare la vera ossatura del suo racconto,
a mettere a nudo l'essenza, il nodo irrisolto e spaventoso di una
narrazione tutt'altro che superficiale. Nella continua tensione di
molteplici significati, che oscillano tutti tra i due poli opposti di
sensorialità e psiche, la narrazione zoppica, arranca, non riesce
mai a trovare un ancoraggio determinato ed esonda in un'immobile
violenza anti-climatica ed anti-narrativa. Questa imperscrutabilità
di fondo è, infine, il vero punto di forza dell'opera: ciò che la
caratterizza e le dona un'identità. Sono i suoi limiti, i suoi
difetti a rendere Neon Genesis Evangelion un capolavoro.
Come poter parlare di Evangelion?
Innanzitutto, mi concentrerò solo
sulla serie regolare degli anime, ignorando tutte le altre forme in
cui si esplicita il brand. Ciò che mi interessa è la serie nella
sua prima stesura, più autentica, più interessante. Voglio
attenermi al finale pensato in prima battuta e non a quello inscenato
in The End of Evangelion, film posteriore (e posticcio), in quanto nel
primo caso siamo nel campo della volontà autoriale, nel secondo in
quello della volontà di accontentare i fan.4
Con questa serie di articoli vorrei
approcciarmi a Neon Genesis Evangelion non in maniera analitica per
cercare di spiegare razionalmente la trama (sono state scritte
infinite discussioni, approfondimenti e teorie. Tutto sempre nel
rischio di sfociare nell'ossessione compulsiva tipica dei fan), ma
seguendo la strada dell'impressione, del sentimento. Ciò che mi lega
indissolubilmente a Evangelion è la storia di una ricezione acerba,
fatta di potenti immagini e fascino per una cultura orientale,
avvenuta in età pre-adolescenziale. Ammirazione, cuorisità,
incomprensione, si risolvono tutte adesso, a 12 anni circa dalla
prima visione, in una consapevolezza (intesa sia come bagaglio
culturale, che in termini di mezzi espressivi) che mi permette di
organizzare in un discorso concreto ciò che è rimasto latente. Sono
convinto che l'aver visto questa serie praticamente da bambino, sia
stato fondamentale per farmi individuare il contenuto prettamente
simbolico che giace nel fondo della narrazione, e scindere quindi il
significato più profondo da una ricezione razionale che non è
avvenuta minimamente.
Quella che verrà proposta non è
dunque la mia interpretazione di Evangelion ma, se volete,
l'interpretazione alla mia prima visione. Ciò consiste nella razionalizzazione della
potenza delle immagini fornitemi da Hideaki Anno e dallo studio
Gainax, che, seppur nella totale soggettività della loro ricezione,
mi fanno sentire vicinissimo all'autore, alla sua creatura e
all'inconsapevole (?) intenzionalità presente alle sue spalle.
Note:
1
Queste le parole di Hideaki Anno a proposito dell'adattabilità
degli Eva in delle action figures "With
recent robot anime series there have been too many instances of toy
makers sticking their big noses in from the design stage so they can
get a spec that is easy to turn into a toy. I don't want any
interference from toy makers, so I'm going to design a robot that
just cannot be turned into a toy." pg 97 of Fujie 2004
2
The End of Evangelion (1997) nasce proprio dall'esigenza
di riscrivere il finale dopo le numerose richieste dei fan
3
Durante la sua prima messa in onda Evangelion riscosse poco successo
di pubblico, e il team creativo fu costretto a fare i conti con un
corposo taglio di budget. Si parla anche di ritardi nei tempi di
lavorazione che portarono all'abbassamento della qualità generale
dell'animazione
4
Il fatto che Evangelion sia sopravvissuto al tempo e non abbia mai
smesso di ri-raccontarsi è certamente degno di nota, non tanto a
livello contenutistico ma in quanto fenomeno in sé. Tale aspetto
verrà approfondito in un post futuro
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