lunedì 12 agosto 2013

Mappe di Agosto

Più che un post, un'ammissione di colpa. Una sorta di numero estivo per chiedere scusa.


Nel mese più terribile, tutto rischia di perdersi. La gente sparisce, il caldo scoglie qualsiasi impulso. Non fare nulla diventa un lavoro full-time e a quanto pare, stanca più del previsto. Tra una sessione e l'altra di sbavata sul letto (il segreto è risultare indecorosi anche quando non si è coscienti) improvvisamente, ti coglie l'impulso alla produttività, alla vita. Come può una mente così brillantemente attiva, convincere un corpo consunto dalla fatica? Tramite l'inganno, ovvio. Quindi ti trascini fino alla tastiera dopo essere stato rassicurato che “tranquillo non perderai tutto il tempo necessario per una sveltina. Si, insomma, l'avevamo pensata insieme, ricordi?!?, proprio per ovviare a quel problema dell'insofferenza mista alla stanchezza, e quindi nel disinteresse di una botta e via, nell'irriverente freschezza di un titolo così bricconcello, si poteva passare con leggerezza il trauma dell'“ommioddio sto producendo qualcosa” senza quasi accorgersene. Fa niente. Abbiamo appena trovato una nuova scorciatoia. Si fotta la sveltina, qui facciamo un'orgia” e sei pronto. Cioè, nel momento in cui guardi la colonnina a destra e ti rendi conto di aver lasciato indietro TUTTA quella roba, pensi che forse sarebbe meglio tornare sul letto, che in fondo sarebbe molto più salutare sorseggiare un estathé mentre si fissa il vuoto e poi crollare morto sul letto per lo sforzo, proprio come un koala. E ti ricordi di quanto sono stupidi questi stupidi koala, ma così stupidi che usano il 90% delle loro stupide energie solo per disintossicarsi dal cibo che stupidamente continuano a mangiare. Passano tutta la loro vita a sabotarsi i loro piani di suicidio che, insomma, è parecchio buffo e no, oh no, lo stai facendo di nuovo “l'orgia cazzo, l'orgia. Sei così rincoglionito che cerchi di prendere tempo non facendo altro, tipo che ne so, giocando con lo yo-yo, ma disperdendo verso il nulla quello che dovresti fare con attenzione. Focalizzati eccheccazzo, stai già producendo te ne rendi conto? Hai una certa età, prenditi le tue responsabilità, dietro ste battute di merda non ti ci puoi più nascondere. Non adesso, non ancora. Cioè, stai facendo divagare pure me, porcaputtana concentrati e basta stronzate. Possibile che te le devo dire sempre io ste cose?” e quindi sei costretto. Via:


Orge d'altri tempi.


Il primo a entrare nella stanza e a togliersi la maglietta è Blue Velvet. Adoro così tanto Lynch, che quando sta per rimanere in mutande lo faccio rivestire e dico “torna a settembre”. Gli dedicherò una recensione apposita, ci mancherebbe altro. Giuro uscirà anche un Link ipertestuale tuttoda clickare che mi renderà orgoglioso di aver mantenuto fede alla parola data. Per ora dico solo: grandissimo film, con il villain più affascinante di sempre. Dove “affascinante” forse non è il primo termine che dovrebbe venire in mente quando si pensa a Frank Booth. Ma abbiate pazienza, con calma, poi si dirà.


Blu e Rosso


Discorso simile per Videodrome. Primo film che vedo di Cronenberg (mai nascosta la mia ignoranza), nonostante tutti gli avvertimenti possibili è riuscito a sorprendermi lo stesso. Ovviamente nella sua visione, non trovato nulla di quello che mi aspettavo. Tranne per il body-horror disturbante più che disgustoso tutto è stato relativamente “sorprendente”. A partire dal taglio fortemente onirico e surreale che culmina nella scena finale. E poi vogliamo parlare dei cassettoni Betamax? Ah, gli anni '80!


Altro che digitale terrestre.


Faccio entrare invece nel lettone Arizona Dream, dicendo subito tutto quello che mi sento di dire. Bel film, bel cast, ottimi personaggi. Fa un po' impressione vedere un Johnny Depp così giovane, slegato dall'estetica di Tim Burton, che a conti fatti è diventata la sua nuova pelle. A mio parere un film con delle grandi intuizioni, ma che mette troppa carne al fuoco. Ho adorato il tono surrealista che permea tutta la pellicola, ma (semplificando) gli inserti iniziali slapstick stridono parecchio con la seconda parte, eccessivamente drammatica. Non propongo una teoria dei generi, anzi ben vengano le sperimentazioni, solo che in Arizona Dream manca il collante. Lo definirei un road-movie per il regista. In ogni scena si percepisce una gestazione travagliata, l'esperienza della tragedia da parte di Kusturica, il dolore che cambia la prospettiva, il punto di vista. La sovrabbondanza di linguaggio espressivo sembra sfuggire dal controllo del regista che arriva a confezionare un'opera estremamente personale, più di quanto possa sembrare. Consiglio la visione, ma con riserva. C'è qualcosa che nel suo insieme rende impenetrabile e realmente godibile questo film, il che è un vero peccato, perché se presi singolarmente, alcuni momenti sono veramente da incorniciare, e si imprimono con prepotenza nella mente dello spettatore.


Johnny Depp e Jerry Lewis: due pischelli.


You only Live Once, su su, non essere timido, c'è spazio anche per te. Grandissimo film, ispirato alle allora quasi contemporanee dis-avventure di Bonnie e Clyde, è la seconda produzione americana di Fritz Lang. Ottima rappresentazione della società occidentale e delle sue contraddizioni, mette in scena un'amarissima inversione del sogno americano, che porta ad una predestinazione sociale che non accetta compromessi. Il manicheismo yankee visto dagli occhi di uno dei più grandi registi Europei della prima metà del 900. Non c'è da aggiungere molto: va visto perché seminale e fondativo. Nulla di più, nulla di meno. (C'è da dire che ho un problema di approccio verso i padri fondatori e le opere “capostipiti” in campo artistico, ma credo di essere stato più che corretto nei confronti di questo film. Ansia da capolavoro?)


Fritz Lang: non proprio il primo che passa.



Les Amants du Pont-Neuf ehm ecco... come dire... non sei te il problema.. mi dispiace non penso sia il caso, non mi sento pronto. E giuro, non mi sarei mai sognato di dirlo a Juliette Binoche che, ancora non lo sa, ma è la donna della mia vita e stiamo insieme da parecchi anni. Comunque, un film perfetto, stilisticamente fantastico, una vera e propria lettera d'amore a Parigi e al cinema tutto. Un film così leggero e scorrevole, che mai si potrebbe ipotizzare il costo folle dietro alla riproduzione del Pont Neuf, che lo porta ad essere uno dei film più costosi (e più fallimentari) mai prodotti in Francia. Leos Carax ho deciso che voglio vedere tutto. Pura poesia, prossimamente postata in prima pagina.


Semplicemente unico.


El Topo di Jodorowsky si può unire tranquillamente all'ammucchiata. Non nascondo un sincero imbarazzo nel parlare di un film del genere. Non a livello contenutistico, nessun rimprovero etico/morale, ma proprio concettuale. Non saprei come avvicinarmi, cosa dire. Di tutte le opere surrealiste questa è veramente la più impenetrabile proprio perchè vive di personaggi, di sciocchezze, di cultura pop ormai già morta. Dentro c'è veramente tutto (dalle lesbiche che si prendono a frustate ai monaci che si danno fuoco), il rischio è che non rimanga niente. Se preso con lo spirito sbagliato, metà film potrebbe sembrare la messa in scena degli appunti confusi di uno svogliato studente di filosofia che “gli piacevano i cowboy” mentre l'altra, la fiera della stranezza deforme. Se preso con lo spirito giusto, c'era un quattr'occhi che diceva “è il mio film preferito”... […]
(Comunque se non l'hai visto, veditelo eh)


Riferimento culturale gentilmente creato con paint da: me.






Ma quando arrivano le ragazze? vieni pure, ma non azzardarti a guardarmi negli occhi. E quando hai finito, non richiamarmi. Un film brutto, ma brutto forte. Pupi Avati presenta una storia finta e superficiale, resa in modo plasticoso e posticcio. Si parla di Jazz in un modo così rarefatto che l'unico che si droga (poraccio, suonava il contrabbasso) neanche hanno il coraggio di farlo morire. Anzi è l'elemento comico. Non si può usare la musica come perno centrale della narrazione e ridoppiare così male una pellicola: dai dialoghi ovattati alle parti suonate dove palesemente chi suona, sta facendo altro. Ah, e tutto il parallelismo con le comete è di un pretestuoso unico e... basta. Ho odiato questo film. Ci mancava solo Sandra Bullock.


Belli e Bravi.


Napoleon Dynamite è un film che adoro, ma capisco i motivi per cui non possa piacere e non mi sento di biasimare i suoi detrattori. Penso che il problema dell'esprimere un'opinione a riguardo sia accentuato dal fatto che il film sia diventato un cult: bisogna sempre muoversi con cautela quando si raggiungo questi lidi. Perché significa avere fan integralisti da una parte, e detrattori accaniti dall'altra. Se non altro andrebbe riconosciuto universalmente che in un'ossatura lenta ed esasperante vengono presentati dei personaggi unici e divertenti, che potrebbero essere riutilizzati in altri contesti senza alcun problema (e infatti è stata fatta anche la serie animata). Un giorno magari proverò a spiegare la mia posizione di difesa, ma per ora non è una priorità. Diciamo che una volta spenta la luce non si è capito se il film dei coniugi Hess si è buttato nella mischia o è tornato a casa.


GOSH!


Wild at Heart, secondo invitato di Lynch, torna anch'esso a casa senza pensarci due volte. C'è tanto da dire anche qua. Innanzitutto è il primo film di Lynch che si può definire divertente, cosa non banale visto che mantiene comunque i toni inquietanti della filmografia del regista. Secondo: un film con Nicolas Cage che non è una merda, mica facile eh (escluso Arizona Junior, ovvio). Ne parlerò, e molto. Per ora dico: incredibile vedere l'evoluzione e crescita (fisica, anche) di Laura Dern attraverso i film di Lynch. Da dumb virgin in Blue Velvet a Woman in Trouble in Inland Empire. Zero tette, ma tanto naso, ehm... cuore.


Si balla.


Il corto (ehm) Fear and Desire non riceverà nessun trattamento in questo post. Recentemente distribuito per la prima volta nelle sale italiane, ne avevo già sentito parlare (fu argomento di una lezione all'università) e quindi sapevo già cosa mi sarei trovato davanti. Opera prima con parecchi spunti interessanti, ma appunto, opera prima. Più interessante a livello narrativo che filmografico. Rimane l'intenzione di proporre un ciclo Kubrick su questo blog, quindi per dire due parole vorrei aspettare ancora un po' e relegare ad un ambito circoscritto tutta la filmografia del regista. E il tempo?


Primi tentativi di comunicare.


Infine, Pomodori Verdi Fritti, di Jon Avnet. Entra pure, e visto che ci sei, chiudi la porta a chiave. Film drammatico potenzialmente interessante, cade in alcune scelte narrative che lasciano l'amaro in bocca. Prima tra tutte non c'è il coraggio di mostrare fino in fondo quello che chiaramente era nel romanzo originale un rapporto omosessuale tra le due protagoniste. Qui ci si limita ad un'amiciza veramente speciale, ma così speciale, che abbiamo iniziato tenendoci per mano sin da quando eravamo bambine (e la regia, paradossalmente, calca questi momenti come a suggerire quello che non si può dire) e alla fine ci siamo addirittura prese a torte in faccia (“[...] the director acknowledes the relationshp and points out that a scene between the two women engaging in a food fight was intended to be seen as symbolic love-making”). Fastidioso il didascalismo propedeutico della storia passata per la vita presente. A parte queste ingenuità, una buona rappresentazione di cosa doveva essere il Sud dell'America del Nord un secolo fa. E di quanto siano squallide le famiglie americane a noi contemporanee.


Amiche. Ma taaaaanto...


Chiuso con gli update vorrei pensare ad alta voce al problema Futurama. Ero partito volenteroso nel recensire l'ultima stagione che sta andando in onda queste settimane in America ma ho perso il filo, e a parte il primo episodio, sono rimasto parecchio indietro. Ora, devo recuperare? C'è da dire che recensire un episodio di 20 minuti è più complicato del previsto (devo entrare nel dettaglio di ogni scena o fare un piccolo riassunto/giudizio complessivo?) e in più le nuove puntate non sono poi così brillanti. Se la comicità a ridotta a semplici battute, come parlarne in modo intelligente? Troverei parecchio noioso un commentario di ogni singola frecciatina di Bender. Devo riflettere.


Quando?


Anticipo, ma si sa che la mia affidabilità rasenta livelli ridicoli, che vorrei ampliare un po' i confini di questo blog e proporre una serie di recensioni che esulano dal campo prettamente cinematografico ma che comunque resterebbero in linea con le mie intenzioni iniziali di riflessioni sull'arte e sul linguaggio. Che detta così sembra una roba pretenziosa. E probabilmente lo è. Ho impiegato quattro ore per questo post, e mi sto squagliando. Maledetto, me l'hai fatta di nuovo.


Hint


Mira el dito...

OUT!

NOTA: Questo post contiene un numero spropositato di link ipertestuali. Alcuni, sono divertenti. Sono stati messi mentre in sottofondo andava una playlist youtube di Beyoncé.