El Angel Exterminador
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Titolo italiano | Regia | Anno | Genere | Con |
L'angelo sterminatore | Luis Buñuel | 1962 | Drammatico | Silvia Pinal, Enrique Rambal |
Dopo una serata a teatro, una famiglia di
borghesi invita un gruppo di aristocratici a cena. Gli invitati,
stranamente, si ritrovano a passare la notte nel salone della
casa. La mattina seguente, con loro grande errore, realizzano di
non essere in grado di uscire dalla casa...
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Giustificazione sulla pretesa del dialogo

Storia di un ritardo
Parlare oggi di un film uscito nel 1962 potrebbe sembrare un contro-senso, un appuntamento mancato con un dialogo ormai morto. Credo, però, che l'assenza di contenuto logico-razionale permetta a quest'opera di uscire dal suo tempo e riformularsi ad ogni sua visione. L'angelo sterminatore sempre sarà, pur non essendo mai. Suggerimenti, suggestioni, colgono lo spettatore e lo scuotono nel profondo, scevro da ogni sua determinazione intellettuale. Il vantaggio di essere in ritardo è quello di aver disponibile una maggior consapevolezza sulla genesi dell'opera, grazie a studi e ricerche svolte in merito. Leggendo le informazioni contenute nel libretto dell'edizione integrale della dynit, emerge un punto fondamentale: la prima edizione italiana è falsata. Nel montaggio, in quanto non viene colta la radicale scelta di Buñuel, e nella traduzione. Molte scene riportano dialoghi completamente modificati che stravolgono il senso della pellicola. O meglio: con l'inserimento di queste modifiche, i traduttori, alludono ad un disegno, ad un senso vero e proprio, che non è presente nell'opera originale. Ad esempio, identificando l'orso con l'angelo sterminatore, si depista completamente lo spettatore, in quanto è portato a credere che la comprensione del film, una volta riorganizzati gli indizi, sia possibile. Tutto ciò non può avverarsi. Le stesse parole di Buñuel sono chiarificatorie:
“Se il film che state
per vedere vi sembra enigmatico, o incongruo, anche la vita lo è. È
ripetitivo come la vita, e, come essa, soggetto a molte
interpretazioni. L'autore dichiara che non ha voluto giocare su dei
simboli, almeno coscientemente, Forse la migliore spiegazione per
L'angelo sterminatore è che, ragionevolmente, non ne ha alcuna”
L'immobilità dell'uomo: coazione a ripetere
Comunemente riconosciuto,
il perno narrativo della cattività nel salone può essere visto come
una metafora dell'incapacità di rinnovarsi da parte della borghesia
e, nel finale, della Chiesa. Esse divengono istituzioni morenti in
quanto non in grado di uscire dal loro dogmatismo. Non possono far
parte della società, lo spazio comune è vietato. L'isolamento,
però, è una condanna auto-imposta: non c'è nessun ostacolo, solo
un'incapacità di fondo. Il difetto, la mancanza, risiede nella
volontà mistificatoria di escludere la corporalità dalla propria
essenza. Anche nel momento più basso e degradante, dove gli uomini
ormai hanno perso la conquista della posizione eretta e si aggirano
per il salone a quattro zampe, l'istinto di conservazione di una
coscienza collettiva non si spegne. La morte, il sesso e la
passionalità, il putrido e gli escrementi, tutto viene celato: che
sia un armadio o uno sgabuzzino, tutto viene chiuso a chiave e celato
alla vista. Nel palcoscenico della propria esistenza, la borghesia in
putrefazione non può mettere in scena ciò che razionalmente sfugge
al controllo dei suoi componenti. Le sfere non individualizzabili
delle pulsioni e dell'inconscio, insieme all'ineludibilità della
propria corporalità, devono essere rifuggite in nome di un'identità
collettiva, pena l'estinzione. La sopravvivenza viene dunque affidata
alla ripetizione, intesa come volontà di ritorno ad una condizione
che esula dal confronto, dall'autocoscienza. Ma questa non è una
salvezza: il senso della vita non può essere racchiuso in un rifiuto
razionale, non si può pretendere l'atemporalità nell'esistenza.
L'ottica generale non è quindi quella limitata della borghesia, è
la vita ad essere chiamata in causa, come accennato dall'autore nelle
parole introduttive al film. L'angelo sterminatore, mai nominato
nella versione originale, è a mio avviso il dramma identitario: è
esso che reclama a sé, al proprio sguardo giudicante, l'uomo nel suo
più intimo luogo. La società contemporanea è destinata
all'immobilismo. L'uomo è un animale morente, le sovrastrutture
istituite (emblematica la coazione a ripetere nella chiesa) un
medicinale che non cura ma ritarda all'infinito l'inevitabile fine.
Il montaggio nelle relazioni
Le convenzioni sono la
sovrastruttura che crea la maschera dell'animale: l'uomo. Ciò che
esso guadagna in identità lo perde in possibilità di relazione. In
questa ottica colgo un senso nelle scelte di montaggio: le più
grandi e palesi ripetizioni, avvengono nell'introduzione degli
ospiti. Sia quando tutti entrano nel contesto, la villa, sia nel
momento in cui si presentano tra di loro. Il mondo asettico della
formalità, imbrigliato nella violenza delle regole comportamentali,
annulla qualsiasi deriva contenutistica del conoscersi: gli incontri
avverranno infinite volte, ma non saranno mai genuini. Non c'è
nessun reale intento comunicativo nell'affacciarsi all'altro e una
reazione vale l'altra: in ogni caso, non sarà recepita.
Il simbolismo: lo scherzo
Il simbolismo alla base
dell'opera è accidentale. Le immagini prese in prestito sono solo
richiami all'esperienza, suggestioni allusive ad un vissuto privato
ed impenetrabile del regista. La critica interpretativa non può
muoversi su di un piano razionalmente logico, non c'è alcun nesso
tra gli elementi del film. L'angelo sterminatore non è un'entità
metafisica, non c'è nessun rimando reale alla Bibbia: esso è solo
un titolo accattivante, scelto per attirare l'attenzione tramite un
potente suggerimento, destinato però a non rappresentare ciò a cui
allude.
La cena, pensata dalla
padrona come un grande scherzo, è un indizio di questa costruzione.
Gli agnelli e l'orso, che nella loro presenza così
decontestualizzante scatenano un processo inquisitorio nella mente
dello spettatore (agnelli come vittime sacrificali? L'orso come
riferimento alla russia e alla sua egemonia? O va interpretato
anch'esso in senso biblico) che muore nello stesso momento in cui si
origina: gli animali solo solo un altro tassello di una grande farsa,
non ci sarà mai dato conoscere il loro ruolo. La pellicola è
surrealista in senso stretto.
Una interessante e approfondita recensione. I miei complimenti. Questo per me è il modo di approcciarsi a un film. Discorso pieno di spunti e stimoli. Grazie per la visita. In effetti anch'io mi rammarico per non avere aggiornato il mio blog per quattro lunghi mesi (purtroppo seri e complessi problemi personali e familiari).
RispondiEliminaGrazie a te per il commento ed i complimenti. Il feedback di chi legge per me è fondamentale, visto che questi sono i miei primi passi non solo nel mondo dei blog, ma anche in un'ottica di cinema vissuto "criticamente". Sono contento che, nonostante i problemi, tu sia tornato ad aggiornare il blog. Ciao, a presto!
RispondiEliminaUn film meraviglioso, attualissimo, uno specchio anche della società odierna, un continuo cercare problemi e cercare di risolverli che maschera problemi più profondi, che non vogliono essere toccati...
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