Luci del varietà è il
“quasi” esordio di Fellini nel ruolo di regista, dopo aver
lavorato come sceneggiatore in alcuni film di Rossellini (Roma Città
Aperta, Paisà, L'Amore) e di Germi. Debutto non completo in quanto
il film fu diretto insieme ad Alberto Lattuada, che tra i due fu
quello che girò la maggior parte delle scene. Nonostante non possa
essere definita una vera e propria opera prima, Luci del Varietà
mantiene comunque una certa importanza nella filmografia di Fellini,
principalmente perché mette in scena uno dei temi fondamentali della
sua poetica: la rappresentazione dello spettacolo.
Le luci del varietà sono
l'illusione della messa in scena, l'accecante bagliore che cela lo
squallore della vita umana. Certo, la tristezza dell'avanspettacolo
impone una trattazione ironica e decadente del soggetto, ma di sicuro
il film non si esaurisce in una commedia. La sceneggiatura è
imperfetta, ingenua, alcune intuizioni però non posso passare
inosservate. Fellini chiaramente riflette sul potere dell'arte, bassa
o alta che sia, non solo in una prospettiva di relazione con il
pubblico (emblematica la scena dei fischi “mancanti” al
travestimento di Garibaldi) ma anche, e soprattutto, da un punto di
vista di possibilità di trascendimento di una condizione materiale.
Dove risiede la realtà
degli artisti, mestieranti che per denaro sono disposti a rinunciare
alla propria dignità? Nell'abbuffata animalesca di fronte ad una
cena offerta, o nel personaggio da essi messo in scena?
È incredibile come, nel
pieno della credibilità di quello che oggi potremmo chiamare il
grottesco mondo corrotto dello “star system” irrompa nella
pellicola, improvvisamente, la vera magia della rappresentazione. Dal
nulla, siamo catapultati nel reale mondo del sogno: Roma dorme, è
incantata, alle urla del protagonista rispondono gli squilli di una
tromba. Sono la povertà e l'arte disinteressata a racchiudere il
segreto: chi può ancora ridere, è chi vaga senza una meta mosso
solo dalla volontà dell'arte per l'arte. Il talento risiede in
questo: stregare l'altro e fermare il tempo. Roma viene fermata per
un attimo e per sempre, nel suono di una tromba jazz, nella voce di
una cantante brasiliana, nei spari perfetti di un cowboy americano.
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