martedì 28 gennaio 2014

Lo Sceicco Bianco [Fellini Checklist 2/24]




Con lo “Sceicco Bianco” Fellini ha finalmente il totale controllo alla regia di un film, e dirige così la sua prima opera autoriale. Rispetto a “Luci del Varietà” sono presenti dei netti miglioramenti. La sceneggiatura, in primis, è molto più ragionata, e presenta personaggi approfonditi, non semplici macchiette. In soli cinque minuti di dialogo inquadriamo subito il protagonista interpretato da Leopoldo Triesti, e la sua completezza non può che servire da impronta a futuri personaggi comici (ad esempio, è palese quanto si sia ispirato Verdone a questo film nel concepire Furio Zoccano in Bianco Rosso e Verdone e in tutte le sue incarnazioni successive). Anche da un punto di vista registico, Fellini esibisce una grande consapevolezza del mezzo nonostante sia al suo esordio: l'autore gioca con il linguaggio filmico con grande maestria, arrivando a girare scene di un'incredibile fluidità (la messa in scena del fotoromanzo), e ci regala uno sguardo in macchina di Ivan Cavalli, il protagonista, quasi ad anticipare di qualche anno la rivoluzione francese della Nouvelle Vague.
Il perno centrale, come nel suo lavoro precedente, è costituito dal dualismo tra realtà e rappresentazione, vita e sogno, dove la fantasia e l'arte sono il ponte tra l'immanente e il trascendente. È molto interessante notare la progressione tematica del film. Inizialmente viene affermato che:

“-La vera vita è quella dei sogni”
“-Io sogno sempre. Non c'è altro da fare laggiù. Cosa vuole, gente volgare”





Fellini mette in scena perfettamente la collisione tra questi due piani, che si vorrebbero separati, ma risultano tristemente attigui: il sogno è la continuazione del reale. La volgarità richiamata dalla protagonista viene vissuta proprio nella partecipazione alla creazione del sogno. Ancora una volta viene messa alla berlina la grottesca caricaturalità dell'intrattenimento di massa, quella forma d'arte moderna pensata per tutti, prodotta da tutti. Significativo che il decadimento dell'illusione non venga ancora esplicitato attraverso il cinema, ma è da ricordare che Fellini aveva lavorato nella produzione di fotoromanzi prima di lavorare nel mondo del grande schermo, quindi la storia può assumere ancora un'ulteriore livello di validità, di realtà.






Dietro al tanto fantasticato Sceicco Bianco, non può che prender vita il mediocre (ma magistrale) Alberto Sordi, indimenticabile simbolo di un'Italia sostanzialmente povera di spessore. Il crollo del sogno corrisponde all'irruzione della realtà, alla violenza fisica la consapevolezza che ciò che viene creato per la propria immaginazione è in realtà tarato per poter appartenere a più individui possibili. Si accetta di viaggiare verso l'ignoto con i personaggi, ma si preferisce il suicidio al dover tornare con gli attori struccati, con le persone volgari.

“La vera vita è quella del sogno. Ma a volte il sogno è un baratro fatale”



2 commenti:

  1. Articolo davvero molto interessante... solito eccellente lavoro, Michele!

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    1. Troppo buono come al solito...

      Sto cercando di ritornare a scrivere con regolarità, quindi sacrifico un po' la lunghezza ma almeno pubblico qualcosa. Ps: la scuola di cinema sta andando alla grande :)

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