giovedì 4 luglio 2013

Eraserhead



Eraserhead
Titolo italiano Regia Anno Genere Con
Eraserhead
1977 Body Horror Jack Nance,
Charlotte Stewart
Eraserhead presenta la “normale” vita di Henry Spencer, tipografo in vacanza in una città senza nome. La sua vita muta drasticamente quando scopre di aver avuto un bambino con la sua ragazza, Mary X...






Impossibile scrivere molto sul debutto cinematografico di David Lynch. Eraserhead è la materializzazione di un incubo. È la messa in scena di un disagio. Che senso ha discutere razionalmente di ciò che trascende la logica e si attacca all'impressione? Eraserhead va visto, non se ne può parlare.


 

 

 

 

Sul razionale


Vorrei poter recensire analiticamente Eraserhead. Analizzare scena per scena il lavoro di Lynch per mettere in evidenza ogni piccola sfumatura. Il difetto, supera la pochezza delle conoscenze tecniche (potremmo comunque comunicare in un nuovo linguaggio per comprenderci. Certo sarebbe più laborioso ma.. perché no?) e approda alla vera mancanza: la voglia. Il geniale surrealismo razionale di Lynch chiede la decomposizione del contenuto in nome di una delineazione di senso. Ma non ce la faccio. Sono convinto che, seppur in maniera minore in Eraserhead rispetto agli ultimi tre film, quella della razionalizzazione, sia una “trappola”. Bisogna sapersi lasciare andare, godere nel sentirsi sperduti di fronte alla potenza comunicativa di un certo tipo di cinema.


Jack Nance si impegnò molto nell'interpretazione di Henry. Data la produzione travagliata, ci furono interruzioni anche di un anno tra una ripresa e l'altra. Anche nei lunghi periodi di pausa, non perse mai di vista il suo personaggio.


 

Libero gioco di cinema e disgusto


Voglio parlare quindi della sensazione complessiva finale: il disgusto. Ogni singolo elemento è volto al raccapriccio di chi subisce la visione. Questo senso di inadeguatezza viene trasmesso non attraverso la messa in scena dell'orrore alieno ma della mutazione del familiare. Tutto è riconoscibile in questo film, ma nulla è avvicinabile: paesaggi fantasma, trasfigurati dalle desolazione meccanica dall'avvento dell'industria, convenzioni sociali interrotte da pianti e spasmi, espressioni facciali perse in volti decontestualizzati. Si sperimenta il rigetto perché ci si guarda allo specchio e ci si individua per quello che si appare. L'odio dello sguardo fisso che riesce a cristallizzare l'informe strato incosciente che ci guida dal profondo. Se in Blue Velvet e Twin Peaks Lynch cerca di far emergere il marcio collettivo, il macabro motore sociale nascosto agli occhi della comunità che desidera solo l'auto-conservazione, Eraserhead agisce su un livello molto più intimo. È un viaggio dentro ad una testa grande come un pianeta, un'esplorazione degli angoli più abbandonati dell'Io. Ciò che la testa cancella: il terrore della realtà deforme che si appropria della quotidianità. Questo è Eraserhead: emersione del nascosto, l'emancipazione della sporcizia.


Cosa c'è sotto?


Primogenito


Eraserhead è per Lynch quello che l'infante è per Henry: un figlio malato, uno sgorbio non voluto. Primogenito abominevole che necessita di amore ma non può che suscitare sguardi di perplessa distanza, ripugnanza, odio. È lì che piange, rifiuta il cibo, è perennemente malato, non ha nulla di umano. È la repulsione verso la sessualità, quell'intimo sentimento di sporcizia e deviazione che accompagna ogni nostro impulso necessario ma abominevole allo stesso tempo. Spermatozoi ovunque, costellano questo concepimento difettivo che mostra l'incapacità di un approccio sincero al sesso e al rapporto con l'altro. Il prodotto dell'unione, il bambino, è ciò che disgusta tutti quanti. Immobile per tutto il film, non può che non attirare costantemente l'attenzione su di sé con dei vagiti spettrali. Il monito è ineludibile. La perversione dell'atto sessuale implica la fasciatura, l'ignoranza, una sovrastruttura che copra l'inesplicabile repulsione, il disgusto della carne nuda. L'uccisione del bambino tramite la sua esposizione, rivela la sottomissione ad un inconscio castrante che predica la risoluzione del conflitto (possibile, appunto, solo negando il proprio istinto): "In Heaven everything is fine"



Al giorno d'oggi è tutt'ora sconosciuto il metodo con cui fu costruito il mostro. Si ipotizza che per le interiora sia stato usato del coniglio.




Riporto qui, per correttezza ma anche per interesse, la fonte da cui mi sono ispirato per queste riflessioni:

In his book David Lynch Decoded, Mark Allyn Stewart proposes that the Lady in the Radiator is in fact Spencer's subconscious, a manifestation of his own urge to kill his child, who embraces him after he does so, as if to reassure him that he has done right.


Mura impenetrabili


Molto interessante notare la rappresentazione dell'abitazione di Henry. Gli spazi interni sono tutti claustrofobici ma c'è qualcosa che va ben oltre la semplice spettralità nel suo appartamento. Unico ambiente, finestre murate. È chiaramente la proiezione di una chiusura, di una mancanza. Ma se gran parte è occupata dalla piccola ma ingombrante presenza del figlio e dei suoi lamenti, il resto è pura ritualità. Ogni elemento è significativo e universale in quanto totalmente autonomo dal resto della composizione. Non c'è molto da spiegare: un letto verso l'inferno, un teatrino dentro al termosifone, pentole piene d'acqua dentro agli scaffali, piante morte ovunque. L'autismo di Henry supera il suo sguardo perso, il suo goffo modo di vestire (tra l'altro a me ricorda un sacco Charlotte/Tramp) e si proietta spazialmente nel suo mondo, nei suoi confini. Tutto è sorprendente, ma allo stesso tempo non c'è una via d'accesso. Il contatto finale con la realtà, il desiderio di possedere una donna, significativamente, avviene solo tramite il timido sbirciare attraverso il buco della serratura. Vince l'isolamento (accompagnato dalla gelosia), il peso della sessualità viene rifiutato: vince la morte.




Esplosione



Malessere sonico


Ciò che non va assolutamente sottovalutato in Eraserhead è il lavoro svolto con la colonna sonora. Il devastante impatto visivo è fortemente (forse necessariamente?) interconnesso con gli stimoli uditivi proposti. Un sonoro agghiacciante mette, ancora una volta, alla prova la capacità di resistenza dello spettatore. Sono i rumori stessi a proporre ed indicare gli spunti narrativi in un film sostanzialmente senza dialoghi. Non ci troviamo, però, di fronte a canzoni o temi ricorrenti: l'audio presenta suoni martellanti, white noise, rumori indecodificabili. Non c'è mai veramente un attimo di silenzio: lo sfondo è continuamente ricoperto da un fastidio, da un disagio sonoro che quasi viene accettato inconsciamente, data la sua subdola presenza. Immagini e sonoro sono un unicum inscindibile in Eraserhead, dove tutti i sensi dello spettatore sono portati al punto massimo di stress, al limite ultimo di sopportazione. Il film è, in un ultima analisi, più di una rappresentazione surrealista della realtà onirica. Eraserhead è più di un semplice incubo, è una vera e propria tortura.






Buon appetito.

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