domenica 28 luglio 2013

Sveltina [6]: Seven



Seven
Titolo italiano Regia Anno Genere Con
Seven
1997 Thriller Morgan Freeman,
Brad Pitt
In una città americana senza nome, i due detective Mills e Somerset, si trovano all'inseguimento di uno spietato serial killer. Ogni omicidio, l'espiazione di un peccato capitale: questa l'unica pista da seguire...







Grottesco e caricaturale, Seven è un titolo che, nella sua ambiguità, fornisce una perfetta rappresentazione delle incongruenze della società occidentale moderna.








La storia si presenta come l'archetipo di ogni thriller poliziesco. Si parte dall'ingenua presenza dei due protagonisti antitetici, Morgan Freeman poliziotto cinico e disilluso (quasi in pensione) e Brad Pitt giovane detective irruento ma fortemente convinto del suo ruolo, che operano in una città senza nome, la grande metropoli americana. È l'immaginario americano, che nella sua semplicità, accompagna lo spettatore per mano. Volutamente non vengono fornite ulteriori coordinate: chi guarda deve sentirsi a casa ma allo stesso tempo spaesato. È il genere stesso, il thriller, ben prima delle istanze sociali, ad essere sovvertito.





Il vero protagonista, il motore dell'azione, è l'anonimo John Doe (interpretato da un grandissimo Kevin Spacey). A dettare le regole sono la squilibrata violenza e la follia calcolata del mimetico ordinario. Non c'è nessuna corsa contro il tempo, anzi, la rin-corsa dei due detective è solo apparente: essi sono immobili, burattini del diavolo che si affannano per il suo compiacimento. Questo è il perno del film: l'orrore massimo non è nulla di trascendentale, è quanto di più comune. La pellicola vive nel continuo sfaldamento degli opposti manichei su cui il popolo americano basa le sue convinzioni. Il bene e il male, la famiglia e l'isolamento, violenza e giustizia. In una messa in scena così cruda e volutamente esagerata della morte, dove insetti pasteggiano sugli escrementi di corpi mutilati, anche la vita non è più riconoscibile. Le torture prescindono dal significato pseudoreligioso (questo forse il più grande aiuto/inganno del film) solo per accompagnare al totale rigetto, e il massimo annullamento è la scelta a cui sono obbligate tutte le vittime: il rifiuto della vita.




Ma, ancora una volta, per quanto riguarda i protagonisti, non si può parlare di vere e proprie scelte. Tutto è in mano al glorioso progetto del demiurgo John Doe. Ingenuità narrative, dialoghi didascalici e ridondanze nella messa in scena si ribaltano nel loro opposto nella sequenza finale, confermando l'intenzionalità da parte di Fincher di articolare il suo prodotto in questa direzione. Perfetta la scelta registica di non mostrare il contenuto del pacco nella scena finale del film. Il vero orrore non è la scia di sangue, situata sempre un passo avanti a Somerset e Mills, ma il fatto di aver percorso questa strada fino in fondo. La realizzazione non è tramite la vista, ma attraverso l'azione. Il vero mostro è chi tacitamente acconsente, chi si nasconde dietro alle illusioni del sogno americano. Il patetico nucleo interno viene disgregato, la speranza del giovane detective totalmente annullata. Non c'è via di fuga, il piano si conclude, la spirale di violenza è circolare. Non si può sfuggire alla tragedia, si graviterà per sempre nella sua orbita.





"'The world is a fine place and worth fighting for.' I agree with the second part."

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