domenica 12 maggio 2013

Metropolis

Metropolis
Titolo italiano Regia Anno Genere Con
Metropolis Fritz Lang 1927 Fantascienza Gustav Fröhlich,
Brigitte Helm
Nella futuristica e distopica città di Metropolis, il giovane Freder, figlio di Frederson, capo della città, entra in contatto con l'angelica Maria. Folgorato dalla sua visione, la segue nei bassifondi dove scopre le vere fondamenta della metropoli: il sudore degli operai, costretti a lavorare come schiavi....

 

Inizio a navigare nel mare dei film muti con Metropolis di Fritz Lang, film del 1927. Pellicola intenzionalmente monumentale, col tempo ha subito parecchi tagli alla sua durata originaria. Tra una censura e l'altra, la sua lunghezza iniziale di 153 min è stata quasi ricostruita interamente solo con l'edizione restaurata del 2010, che ammonta a 148 minuti. L'edizione in dvd in mio possesso dura circa 120 minuti, le scene censurate sono narrate attraverso scritte bianche su schermo nero. 

 

 

Città duplice


Il film ruota attorno alla tematica del doppio esplorandola su più livelli. Inannzitutto trova la sua identità estetica proprio nell'opposizione di diversi stili. Metropolis, città futuristica e distopica, vera protagonista del film, è intrisicamente spaccata in due. Esteriormente c'è la città in superficie, espressione massima della tecnica, dove trionfa un'architettura chiaramente ispirata all' Art déco. Ma esistono anche l sue fondamenta, vere e proprie sterminate prigioni dove gli operai lavorano e mantengono in vita la metropoli. Il sottosuolo è un luogo opprimente, tetro, dove sfilze di macchinari segnano rigidamente lo spazio. Così come i grattaceli aprono all'infinito con uno slancio verso l'alto, le teste chine degli uomini a lavoro infrangono il loro sguardo sui marchingegni che eliminano lo spazio vitale. Al lussurioso nightclub Yoshiwara fanno da contraltare le caverne/catacombe dove i ribelli si riuniscono per dare ascolto a Maria e ai suoi racconti dal sapore biblico. L'estetica cristiana è presa in prestito per fornire un carattere universale alla storia: l'attesa escatologica di un "mediatore" è qualcosa che esula dalla contingenza della narrazione, ma riguarda l'animo dell'uomo nel suo profondo.





L'uomo, la macchina


"Mittler zwischen Hirn und Händen muss das Herz sein"

"Mediatore tra la testa e le mani deve essere il cuore"

Nella morale a inizio pellicola, risiede il nucleo tematico del film. L'animo umano è scisso nel profondo, ma vive unito in questa contraddizione (importante la rievocazione del mito di Babele). Così è la città, così è chi la popola. La massima espressione della tecnica mantiene pur sempre un fondo di irrazionalità. La base è oscura, la folla è incontrollabile. Il popolo si configura come una massa indistinta, che distrugge e si autodistrugge. E' facilmente condizionabile e manovrabile. Deve esserci dunque una mediazione tra l'ipertecnicismo, la massima razionalità, e l'incotrollabile sete di rivalsa del popolo, l'impulsività animalesca. La soluzione è la mediazione del cuore tra la testa e le mani: il figlio del capo della città, primo tra i nobili, ma anche il più umano tra gli uomini.  Metropolis è in fin dei conti una storia d'amore. Tra Freder e Maria, ma anche tra gli operai e il padrone. Tra la testa e le mani. In mezzo, il cuore.




Giudizio sulla tecnica e sull'uomo


I due poli dell'animo, se presi singolarmente, sono giudicati in modo negativo dall'autore. Due sono gli esempi lampanti per quanto riguarda le potenzialità della "testa". Il primo è rappresentato nella scena in cui Freder scende per la prima volta tra gli operai. Qui, un guasto ad un macchinario provocato dai lavoratori esausti, provoca diverse vittime. La spietatezza della sequenza viene rielaborata dal puro protagonista in modo onirico, vive un'allucinazione. La macchina diviene il tempio del diavolo, Moloch, che reclama a sè la vita degli innocenti. 


Il negativo e l'irrazionale sono ineliminabili, anche nel più alto grado di tecnologia


Altro esempio è il personaggio del Maschinenmensch, reso incredibilmente dall'attrice Brigette Helm. Il robot (intuizione non di poco conto) indistinguibile sul piano fisico è quanto di più inumano possa esistere: esso è privo di volontà. Il suo agire dunque non è immorale, ma amorale in quanto segue gli input di programmazione. L'obiettivo non è perseguito in quanto meta ma in quanto ordine imposto.


La doppia interpretazione di Brigitte Helm si auto-esalta nella giustapposizione tra i due poli: Maria e il Mascinenmensch condividono lo stesso corpo, ma sono caratterialmente agli antipodi.


Per quanto riguarda il popolo, ovvero le "mani", il giudizio è altrettanto negativo. Se infatti la loro rivalsa è giustificabile, nella seconda metà del film ci si rende conto di come l'individualità venga a perdersi nella furia cieca della collettività. Anche qui cadono i criteri morali, tanto che la folla inferocita scambia il riscatto sociale, la libertà tanto agognata, con l'autodistruzione (rischiando di annegare tutti i loro figli).


Le scene collettive, in queste rabbiose esplosioni di violenza, sono forse le più impressionanti di tutta la pellicola.


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