domenica 19 maggio 2013

Solo su richiesta [3]: Collateral


 
« Dai che mi proponi?»

« Eh, ora te lo dico io un filmone...»

« Si dai sono curioso, l'altra volta mi parlavi di..»

« Jim Jarmusch.»

« AH! Si dai finalmente qualcosa di atipico»

« Lo sai che io conosco un sacco di roba da intenditori.»

« Vero! Dai quindi?!»

« Collateral, quello con Tom Cruise.»

« Cazzo.»



Terzo episodio di solo su richiesta, questa volta commissionato dall'imprevedibile L.G.S. Da una persona poliedrica come L.G.S., mi sarei aspettato ben altri titoli. Tipo un film sulla Dave's Matthew Band, o gli aneddoti segreti della vita di Rory Gallagher. L'irlandesissimo (nel cuore) L.G.S., mi ha graziato reprimendo la sua vena nostalgica ed alternativa, assegnandomi un film tutto sommato parecchio mainstream e godibile. Premuroso L.G.S., ti ringrazio. La prossima volta però, niente Tom Cruise.


Solo su richiesta: Collateral





Collateral
Titolo italiano Regia Anno Genere Con
Collateral 2004 Thriller Tom Cruise,
Jamie Foxx
Max, instancabile sognatore, lavora da 12 anni come tassista di notte a Los Angeles. Ama entrare in contatto con i suoi clienti, condividere il viaggio. Fino a quando a salire sul suo taxi è Vincent, spietato killer venuto in città per compiere un lavoro...

"Lo sapevate Che Miles Davis era negro?" - Aneddotica alla L.G.S.


Rielaborazione di una delusione


Collateral è un po' infame. Per non dire stronzo. Si inizia alla grande, le premesse sono delle migliori. Ok, c'è Tom Cruise, ma pensi: ammazza non solo è cattivo, s'è fatto pure brizzolare i capelli. Stavolta sarà diverso. Poi, insomma. Ci rimani... male.
Come quando ti telefonano e ti chiedono se sei felice dell'aspirapolvere. Ecco! Quasi non ci credi, la persona che hai aspettato per una vita intera, finalmente è arrivata. La sconfinata gioia di aver trovato un vero amico, qualcuno disposto ad ascoltarti, ti fa tremare la voce, per poco non piangi. Proprio quando stai ad un passo dal confessare che non ti sei mai ripreso dalla morte del tuo primo pesciolino rosso (e sono passati circa 20 anni), un senso di disagio ti attraversa tutta la spina dorsale. Qualcosa non torna. Esatto: non gli importa nulla di te, vogliono solo appiopparti un nuovo aspirapolvere. Ti senti tradito, trattieni le lacrime, un impacciato “no, non mi interessa” e attacchi il telefono. Per carità, la vita continua. Però, per un attimo, ci avevi sperato. Apri lo sgabuzzino, guardi l'aspirapolvere ancora funzionante. Reprimi l'ennesimo conato di tristezza e trovi il coraggio di mentire a te stesso: “sticazzi”


Immagine trovata cercando su google "Tom Cruise Vacuum"

Collateral è un'occasione sprecata. Da un'ottima idea di base il film non riesce a svilupparsi in modo convincente. Certo, non scade mai nella mediocrità, ma una volta partiti i titoli di coda, l'impressione che si potesse fare di più è forte. Andiamo con ordine.


In bilico tra l'essenziale e lo scarno


L'ossatura centrale affascina nella sua semplicità: due uomini, uno dei due un killer, un taxi e nient'altro. Sullo sfondo, una Los Angeles buia ed isolata. È chiaro che, data l'impostazione claustrofobica, la sceneggiatura vive nel confronto tra i due protagonisti del film: da una parte Vincent (Tom Cruise), spietato killer nichilista, e dall'altra Max (Jamie Foxx), tassista ed irrimediabile sognatore. I problemi sorgono proprio nel loro rapporto conflittuale. Se i dialoghi risultano ben scritti e scorrevoli, allo stesso tempo però non impressionano abbastanza da giustificare le reazioni dei due. Soprattutto in quanto caratterizzati in modo così stucchevole da risultare bidimensionali: la scena di apertura in cui Max si presenta impressionando la tizia con le sue doti da tassista (geniale) e raccontandole il suo grandissimo sogno di aprire una compagnia di limousine (maledetti americani), più che di fronte ad un “buono”, ci sbatte davanti un santo, troppo perfetto per essere vero.




Si rimane parecchio perplessi quando, dopo qualche ora di sequestro, il buon samaritano che ha trasgredito nella sua vita solo una volta, dicendo una bugia (a fin di bene) alla madre sul suo lavoro, improvvisamente entra in un covo di mafiosi, si finge un sicario, azzittisce a suon di minacce degli scagnozzi e convince il loro capo a rilasciargli informazioni sulle sue prossime vittime. Rovescio della medaglia, il distaccato Vincent, nel suo disprezzo non solo per la società, ma per le contraddizioni interne all'animo umano, sviluppa un sentimento di empatia nei confronti di Max. Killer professionista che non spara meno di tre colpi a persona (non si sa mai), che uccide “perché sì, tanto siamo puntini insignificanti in un mare di nulla”, si affeziona ad una sua vittima. Lo aiuta col suo capo. Gli fa aprire gli occhi sul suo futuro. Gli salva anche la vita (poi tanto cerca di ammazzarlo). Perché? Non bastano dieci minuti di dialoghi energici, ma niente più, a cambiare così radicalmente due sagome di cartone. Non è parlando di karma e altre stronzate che si diventa spietati, e non si guadagna l'umanità parlando del proprio padre con uno sconosciuto. Il finale, conferma l'impossibilità di uscire da questo schema se non si costruiscono personaggi abbastanza forti. L'intento, purtroppo, non è questo.



Tom Cruise si ammira tramite lo specchietto retrovisore

L'importanza di chiamarsi... Tom


C'è da dire che la “naturale” conclusione del film ti sorprende. Per tutto il film pensi “qua finisce a tarallucci e vino”, ora arriva la fregatura. La paura che finisca tutto come non dovrebbe anadre deriva dal fatto che il cattivo è Tom Cruise. Veramente, credibilità zero. Non basta purtroppo la brizzolatura a farlo uscire dal personaggio che si cuce ogni maledetta volta addosso. Perfetto, troppo perfetto. Si ok è cattivo, ma è sempre il più forte di tutti. È il più bravo a sparare, a lottare, ha spiccate doti artistiche (grande intenditore di jazz... Tom, non ti regoli), grandissime capacità logico/deduttive ed è il maestro della fuga. In fondo la sua totale assenza di valori, la sua amoralità, non è neanche così condannabile: la chiave nichilista è facilmente condivisibile dal pubblico. Alla fine cioè, c'ha pure ragione e quasi ti dovrebbe dispiacere che lo hanno ammazzato. Ah, e muore in modo monumentale, da vero samurai: si sceglie la posa. Altro che uomo. Tom Cruise meglio di Mazinga.




C'è mancato poco


Nel complesso il film non stanca. Gestisce bene i pochi cambi di ambientazione e la regia si dimostra capace di adattare le diverse inquadrature: dalla claustrofobia dei primi piani in taxi, alle scene più popolate e movimentate nei vari club. L'azione scorre, è fluida, la tensione sempre palpabile. Manca però quel quid per farlo diventare un'esperienza memorabile.


Una delle migliori scene d'azione, gestisce la tensione ottimamente.


Collateral si prende sul serio, forse troppo, ed ha paura di sporcarsi. Segue la via già tracciata in precedenza da altri e non prova minimamente a sorprendere. Non ci si riesce realmente a perdere per le strade semi-illuminate di Los Angeles, non c'è una vera alchimia tra i due protagonisti. L'effetto collaterale della pretenziosità, è il non riuscire a coinvolgere lo spettatore. 


"Non sai che sonno, me so abbioccato in metro"


Il film finisce e muore. Difficilmente qualcuno se ne ricorderà.



Nessun commento:

Posta un commento