giovedì 4 aprile 2013

Evangelion e i tre livelli di riferimento

Sebbene sia un po' una forzatura cercare di delimitare in compartimenti stagni ciò che vive nel compenetrarsi di diversi elementi, che formano vere e proprie realtà a sé stanti ma allo stesso tempo necessitanti l'una dell'altra, un ottimo modo di indagare Evangelion nella sua essenza a me più cara, è quello di individuare tre piani narrativi\interpretativi fondamentali. La prospettiva origina la seguente distinzione:

  • Il livello immediato, superficiale. La narrazione in sé, l'avventura, i combattimenti. Il livello pop
  • Il livello intermedio, ornamentale. Un piano fuorviante che arricchisce la narrazione ma la caratterizza necessariamente, muovendosi su un terreno di riferimenti biblici. Il livello del simbolismo evangelico, o più semplicemente il livello evangelico 
  • Il livello più profondo, nascosto ma permeante. Ciò che caratterizza l'essenza ultima dell'opera, la massa informe e pre-concettuale alla sua base. Il livello psicologico

Ribadisco, ancora una volta, la fondamentale importanza di ciascuno dei livelli e la loro necessaria interconnessione. Il livello evangelico infatti è una sorta di medium tra i due poli opposti.
In cosa si caratterizzano questi 3 livelli?



Il livello pop


È la regione superficiale dell'opera. In essa ascrivo l'impianto di base ovvero l'appartenenza al genere dei mecha con il riproporsi dei suoi topoi più classici: protagonisti di giovane età, ognuno degno rappresentante di uno stereotipo diverso dell'individuo giapponese, fan service (prevalentemente a contenuto sessuale) in quantità opprimenti etc. etc.
C'è da dire però che Evangelion fu un grande innovatore sia da un punto di vista prettamente estetico che narrativo. Per la prima parte della serie ci ritroviamo davanti al top dell'animazione giapponese del 95/96, con un design dei mecha e degli angeli che, nella sua peculiarità, ha fatto storia. Inoltre le sequenze action delle battaglie, seppur seguendo il collaudato schema alla “yattaman” (riassumibile in: nemico ----> difficoltà ----> possibile sconfitta ----> capovolgimento della situazione ----> vittoria) proponevano approcci tattici e soluzioni mai viste prima. La narrazione viene farcita poi di situazioni e concetti propri della società moderna (Asuka e Shinji che sconfiggono un angelo allenandosi con un rhythm game) Nel piano della mera presentazione, dunque, Evangelion si dimostra essere rivoluzionario e moderno, pur rimanendo saldamente attaccato alle basi consolidate dalla tradizione.




Il livello evangelico


Con il secondo livello si inizia ad intravedere lo scarto concettuale. L'anime infatti è letteralmente ricoperto ed imbevuto di riferimenti biblici. A quale scopo? Un primo suggerimento può arrivarci da Kazuya Tsurumaki, aiuto regista di Hideaki Anno, che, citando quanto riportato su wikipedia, afferma che

they originally used Christian symbolism only to give the project a unique edge against other giant robot shows, and that it had no particular meaning, and that it was not meant to be controversial (like it was)

Il riferimento alla mitologia cristiana è quindi un puro ornamento senza alcun significato concettuale di fondo? La verità, a mio avviso, risiede nel mezzo. La scelta di questa determinata religione è sicuramente da un lato, come indica Tsurumaki, una scelta prettamente pop, che ribadisce ancora una volta l'intento sincretico dei creatori di creare qualcosa imbevuto di tradizione ma allo stesso tempo profondamente innovativo – e quale modo migliore se non quello di far compenetrare l'apice della cultura di massa orientale con gli albori della vita spirituale occidentale? - e non si colloca su un piano specificamente essenziale: partendo dal titolo, passando attraverso gli angeli e la sconfinata miriade di simboli mutuati dal cristianesimo, tutto questo è puramente accidentale. Approcciarsi all'opera con intenzione esegetica, religiosa in senso stretto, è un gravissimo passo falso che porta assai lontano dal vero nucleo concettuale. Ma al tempo stesso, vera arma a doppio taglio, il livello evangelico è una preziosissima informazione sul carattere trascendentale dell'opera: trascendimento che non si configura in una meta-fisica, in una riflessione che scavalca il sensibile per sfociare nel divino, ma anzi si colloca all'interno della fisicità dell'uomo, nel suo intimo più profondo. L'albero della vita, che appare nella sigla (vedi immagine), è il punto cardine di questa mia interpretazione: esso è il simbolo del progetto per il perfezionamento dell'uomo, argomento che compare da subito nell'anime e serpeggia velenosamente lungo tutta la sua durata per poi palesarsi, cripticamente, negli ultimi due episodi. In cosa consiste questo perfezionamento, il superamento dei limiti come uomo? Questo progetto non va inteso come qualcosa di concreto da realizzarsi in senso religioso, ma in chiave psicologica: è qui che si arriva, tramite la mediazione di questo piano intermedio, all'ultimo livello.
Riferimenti cristologici.

l'albero della vita
















Il livello psicologico


Sorprendentemente, ma forse neanche troppo, tutto quanto si risolve intorno a Shinji. Ogni piccolo accadimento, ogni simbolo religioso si ricompone nel progetto del perfezionamento dell'uomo. Questo non è altro che il percorso, e al tempo stesso il punto di arrivo, che deve affrontare Shinji nel viaggio più difficile di tutti quanti: la transizione da ragazzo ad adulto. Shinji è costretto a fare i conti con le asperità della vita: la sua totale apatia, la mancanza di volontà, le guerre combattute per altri, la paura del contatto, la separazione dalla madre e il timore dell'autorità del padre. Il protagonista attraversa in un tragitto surreale, costellato di robot e smaterializzazioni, angeli e società segrete, tutte le laceranti lacune dell'animo umano. Sarebbe inutile ribadire quanto il simbolismo psicologico, anche se molto meno evidente di quello religioso, giochi un ruolo essenziale nel prodursi dell'opera (Primo esempio lampante: l'Evangelion come il grembo materno e l' LCL come il liquido amniotico in cui i piloti si immergono).
È interessante notare come il “vangelo del nuovo secolo” non sia altro che una delle più grandi introspezioni dell'uomo moderno, in particolare di quello giapponese, catturato in tutte le sue nevrosi. È una sorta di ritorno al ruolo primordiale della fantascienza, che i giapponesi, forse, non hanno mai abbandonato. Così come Godzilla era un modo per introiettare e reimmaginare le atrocità subite durante la seconda guerra mondiale, così Evangelion propone il dramma esistenziale su un piano di iper-realtà necessario per affrontare il male più subdolo, più intangibile. Ciò che però sorprende è come tutto questo si risolva nell'accettazione della vita in quanto tale. Sperimentato il nichilismo più assoluto, Shinji si rende conto dell'impossibilità del rifiuto dell'altro: un modo senza “altro”, pre-coscenziale in senso stretto, dove si è tutt'uno con l'alterità (la madre), non può essere scelto. La scelta, intesa come vita ed esistenza, presuppone dei limiti, dei vuoti, delle distanze: ma proprio in ciò ci riconosciamo e ci autodeterminiamo. In ciò che è diverso da noi decidiamo di rispecchiarci e di completarci. Il percorso è in salita e pieno di sofferenze, ma è proprio nell'atto dell'accettazione, nel decidere di non fuggire (altro tema ricorrente durante tutta la serie) che ci si dispone alla socialità, all'esperienza possibile: ed è il mondo ad accoglierci.


Complimenti!

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