giovedì 4 aprile 2013

Neon Genesis Evangelion: Storia di una ricezione

Sulla carta, Neon Genesis Evangelion, è l'ennesima produzione giapponese fatta con lo stampino. Robottoni giganti che combattono, salvando/distruggendo la città dall'invasore alieno di turno, gigante pure quello. Da Mazinga in poi, sempre la stessa storia con i soliti topoi, il tutto pensato per il solito pubblico. Certo il titolo è pretenzioso, il design dei mecha atipico,1 ma all'apparenza siamo sempre li: dei (non tanto) comunissimi ragazzini sono l'unica possibilità di salvare il giappone e il mondo dall'invasione aliena, angelica in questo caso, tramite i loro robottoni di fiducia. Ma Evangelion a partire da queste premesse, si evolve, perde il controllo: è chiara, a mio avviso, l'intenzionalità dell'autore Hideaki Anno di creare qualcosa che trascenda il genere, che spiazzi lo spettatore, lo disorienti continuamente creando un grandissimo calderone dove infiniti piani di narrazione e comprensione vengono a mescolarsi. Forse è la storia più personale ed autobiografica, portata a rovesciarsi paradossalmente in un'universalità senza tempo, che l'autore avrebbe voluto sempre raccontare, ma che era impossibile da esplicitare senza ricorrere proprio a quelle caratteristiche standardizzanti che la rendono innocua in superficie e in questo modo condivisibile, comunicabile. Dai fan, il finale è stato visto come un tradimento, come qualcosa di inconcludente, incomprensibile:2 nella limitatezza della contingenza materiale,3 Anno è stato costretto a mostrare la vera ossatura del suo racconto, a mettere a nudo l'essenza, il nodo irrisolto e spaventoso di una narrazione tutt'altro che superficiale. Nella continua tensione di molteplici significati, che oscillano tutti tra i due poli opposti di sensorialità e psiche, la narrazione zoppica, arranca, non riesce mai a trovare un ancoraggio determinato ed esonda in un'immobile violenza anti-climatica ed anti-narrativa. Questa imperscrutabilità di fondo è, infine, il vero punto di forza dell'opera: ciò che la caratterizza e le dona un'identità. Sono i suoi limiti, i suoi difetti a rendere Neon Genesis Evangelion un capolavoro.


Come poter parlare di Evangelion?

Innanzitutto, mi concentrerò solo sulla serie regolare degli anime, ignorando tutte le altre forme in cui si esplicita il brand. Ciò che mi interessa è la serie nella sua prima stesura, più autentica, più interessante. Voglio attenermi al finale pensato in prima battuta e non a quello inscenato in The End of Evangelion, film posteriore (e posticcio), in quanto nel primo caso siamo nel campo della volontà autoriale, nel secondo in quello della volontà di accontentare i fan.4

Con questa serie di articoli vorrei approcciarmi a Neon Genesis Evangelion non in maniera analitica per cercare di spiegare razionalmente la trama (sono state scritte infinite discussioni, approfondimenti e teorie. Tutto sempre nel rischio di sfociare nell'ossessione compulsiva tipica dei fan), ma seguendo la strada dell'impressione, del sentimento. Ciò che mi lega indissolubilmente a Evangelion è la storia di una ricezione acerba, fatta di potenti immagini e fascino per una cultura orientale, avvenuta in età pre-adolescenziale. Ammirazione, cuorisità, incomprensione, si risolvono tutte adesso, a 12 anni circa dalla prima visione, in una consapevolezza (intesa sia come bagaglio culturale, che in termini di mezzi espressivi) che mi permette di organizzare in un discorso concreto ciò che è rimasto latente. Sono convinto che l'aver visto questa serie praticamente da bambino, sia stato fondamentale per farmi individuare il contenuto prettamente simbolico che giace nel fondo della narrazione, e scindere quindi il significato più profondo da una ricezione razionale che non è avvenuta minimamente.
Quella che verrà proposta non è dunque la mia interpretazione di Evangelion ma, se volete, l'interpretazione alla mia prima visione. Ciò consiste nella razionalizzazione della potenza delle immagini fornitemi da Hideaki Anno e dallo studio Gainax, che, seppur nella totale soggettività della loro ricezione, mi fanno sentire vicinissimo all'autore, alla sua creatura e all'inconsapevole (?) intenzionalità presente alle sue spalle.






Note: 
1 Queste le parole di Hideaki Anno a proposito dell'adattabilità degli Eva in delle action figures "With recent robot anime series there have been too many instances of toy makers sticking their big noses in from the design stage so they can get a spec that is easy to turn into a toy. I don't want any interference from toy makers, so I'm going to design a robot that just cannot be turned into a toy." pg 97 of Fujie 2004
2 The End of Evangelion (1997) nasce proprio dall'esigenza di riscrivere il finale dopo le numerose richieste dei fan
3 Durante la sua prima messa in onda Evangelion riscosse poco successo di pubblico, e il team creativo fu costretto a fare i conti con un corposo taglio di budget. Si parla anche di ritardi nei tempi di lavorazione che portarono all'abbassamento della qualità generale dell'animazione
4 Il fatto che Evangelion sia sopravvissuto al tempo e non abbia mai smesso di ri-raccontarsi è certamente degno di nota, non tanto a livello contenutistico ma in quanto fenomeno in sé. Tale aspetto verrà approfondito in un post futuro

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