lunedì 17 febbraio 2014

Ginger e Fred [Fellini Checklist 22/24]

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Per Fellini, “Ginger e Fred” segna la chiusura di un cerchio. L'amarcord diviene oggetto di sé stesso. Il ricordo re-immaginato dal cinema è la sua medesima storia, non la vita che lo precede. Ogni singola inquadratura racconta e si confronta con il Fellini regista, prima ancora che uomo. È incredibile come l'autore riesca a fondere narrativamente diversi piani concettuali senza mai però interrompere l'indefinito equilibrio che domina tutto il film. Ginger e Fred sono, in primo luogo, il simbolo del cinema, non solo americano. Rappresentano quel punto di unione tra storia e performance che Fellini ha sempre cercato di ricreare in ogni sua scena: quella fusione tra potenza dell'immagine e meraviglia circense, vera magia, che solo il cinema riesce a trasmettere. Ma Ginger e Fred sono anche Giulietta Masina e Marcello Mastroianni. Più di due semplici attori feticcio, sono il punto massimo dell'autobiografismo filmico di Fellini, ancor più di quando decideva di farsi inquadrare personalmente. Il loro volto ha incarnato la visione del regista innumerevoli volte e, proprio come Nino Rota, i loro personaggi sono cresciuti ed invecchiati ad ogni film. La vecchiaia che abita le loro facce in “Ginger e Fred”, è il segno di un percorso durato trent'anni, la traccia indelebile di una magnifica storia.











“Ginger e Fred” non è solo una rievocazione nostalgica del passato, è un confronto diretto con il presente. È la problematica presa di coscienza della sparizione dello spazio proprio dell'arte. La Gloria N. de “E la Nave Va” è stata definitivamente abbattuta da una società in continuo progresso. La cultura di massa ha inglobato qualsiasi forma espressiva ed ha imposto i suoi tempi ed i suoi luoghi. La televisione ha assimilato il cinema in modo subdolo ed ha degradato i suoi prodotti a merce di consumo. L'immagine è diventata pubblicità. Ciò che in “Le Tentazioni del Dr. Antonio” era solo un pretesto comico è, a conti fatti, un'intuizione sociologica di non poco conto. La tv non ha fatto altro che risemantizzare il linguaggio filmico riempendo l'immagine di vuoti rimandi sessuali. L'estetica è ricondotta al sesso, tutto è volto all'eccitazione dello spettatore ormai incapace di associare il desiderio ad un contenuto determinato. Nel piacere della pubblicità, lo spettatore diviene consumatore.







La grandezza del cinema di Fellini è quella di aver sempre rivendicato un'autonomia essenziale. L'immagine si è sempre presentata come altro dalla realtà. Un di più spettrale, un residuo visivo impercettibile che nel suo manifestarsi trasfigurava completamente il mondo, e con esso, chi guardava. Il cinema di Fellini non poteva essere altro che uno spirito indefinibile. Sono gli stessi Ginger e Fred ad ammetterlo. Di fronte alla fame insaziabile dei telespettatori, però, questo non è possibile. La forzatura massima della televisione è consistita nell'abbattere la linea di confine tra l'inafferrabilità dell'immagine e la realtà. È piombata prepotentemente nello spazio comune e condiviso, ha piazzato schermi ovunque, ha distrutto la singolarità di ogni possibile esperienza. È divenuta semplice conferma del mondo che l'ha generata, uccidendo qualsiasi alternativa dell'immaginazione. Le luci del varietà sono diventate l'unica possibilità di esistenza dello spettatore. Nel buio totale del black-out è la vita stessa a fermarsi.
Proprio qui, invisibili e intangibili, Ginger e Fred trovano la loro verità. Nell'essere per sempre fuori dal tempo e sfuggevoli allo sguardo. Nell'essere il negativo che riusciva a muovere, in qualsiasi direzione, lo spettatore. Il cinema di Fellini sarà per sempre fantasmagorico.

Ma lo sai che non sto niente male qui? È come nei sogni, lontano da tutto. Un posto che non sai dove sia, come ci sei arrivato. […] Siamo dei fantasmi che vengono dal buio e nel buio se ne vanno




2 commenti:

  1. Risposte
    1. Grazie ancora :)
      Dai che siamo quasi arrivati alla fine! (non ce la faccio più!!!)

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