mercoledì 19 febbraio 2014

La Voce della Luna [Fellini Checklist 24/24]

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E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell'averla scoperta, là, mentr'ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore” - Ciàula Scopre la Luna, Luigi Pirandello, Novelle per un Anno.







“La voce della Luna” è la fine di un viaggio. E in quanto tale è giusto che inizi in un cimitero. Non si respira, però, aria di morte. L'infinita notte che permea tutto il film, non rappresenta l'oblio dei sensi ma è il buio rievocato da Mastroianni in "Ginger e Fred". È quella zona di confine, al di là della percezione, oltre la razionalità, a cui Fellini ha sempre puntato. “La voce della Luna” è la teofania del ricordo, il panteismo felliniano è ormai completo.







Vi parlo dal pozzo. Qualcuno sente? Non so dirvi cosa... Ma un giorno succederà. Divertitevi a scoprirlo. Anche se forse non sarà un evento. Oppure non sarà simpatico. Imparate a flettervi. Le persone a volte non esistono. Diventano solo parte degli eventi. Imparate a flettervi, e sopravviverete.” - Distopi, Uochi Toki







L'atto ultimo di Fellini è la conquista della natura e delle sue leggi. I suoi spettri sono un tutt'uno con il mondo, lo abitano e lo modificano. Gli uomini divengono alberi, dialogano con le viscere della terra attraverso i pozzi e seducono la luna. In questa congiunzione totale tra cinema e materia, tutte le grandi problematiche della filmografia di Fellini sembrano risolversi. La ricongiunzione con l'immagine della donna/madre viene abbandonata nella divertita accettazione dell'eterogeneità del sesso femminile. Il “vero” ballo del prefetto Gonnella (Paolo Villaggio), incarnazione del bello artistico, viene riconosciuto ed assorbito da una caotica folla di giovani. La chiave della riconciliazione risiede quindi nell'abbandono di sé, nel divenire parte di un processo fluido e contraddittorio. Qualsiasi pretesa razionale è definitivamente infranta: il mondo di Fellini non ha più bisogno di spiegazioni.







Non devi capire, guai a capire! E che faresti dopo? Devi solo ascoltare, solo sentirle quelle voci e augurarti che non si stanchino mai di chiamarti


Ma il pericolo è dietro l'angolo. L'esperienza ricercata per una vita intera è a rischio. Perché lo schermo sembra ormai pensato solo per defraudare lo spettatore. La Luna, guida e punto di riferimento, tradisce Ivo Salvini (Benigni) e tronca il dialogo per annunciare la pubblicità. L'interruzione viene dal nostro satellite (grandissima intuizione): la televisione ha cambiato le regole del gioco. Fellini, giunto al termine, sceglie il silenzio. Ci lascia così, senza una vera soluzione, al buio, privati anche della Luna. L'unico gesto possibile è quello di interrogare il pozzo, rivolgere lo sguardo dentro se stessi, in cerca di quell'idea inafferrabile che potremmo chiamare “verità”. Così che il ricordo, superi la morte.






Come mi piace ricordare, più che vivere. Del resto, che differenza fa?

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