giovedì 6 febbraio 2014

Giulietta degli Spiriti [Fellini Checklist 11/24]

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Considerato da molti un passo falso, (il suo secondo, dopo “Il Bidone”) tanto da aprire una sorta di crisi creativa in Fellini, “Giulietta degli Spiriti” è un film fortemente sperimentale, dal carattere marcatamente esoterico. Dopo la dichiarazione d'amore di “8½” verso lo spettatore ed il cinema tutto, il regista con questo film rischia (e pericolosamente, quasi ci riesce) di perdere la connessione con la realtà ed il contatto diretto con il suo pubblico. Non che nelle sue opere precedenti ci fosse una linea d'accesso razionale di facile approccio, ma sembra che in “Giulietta degli Spiriti” venga a mancare quel sincero elemento autobiografico, sotterraneo e quasi impercettibile, che faceva da collante tra l'esperienza creativa e quella di fruizione. Fellini si spinge oltre (il film nasce comunque dopo l'utilizzo, a scopo “terapeutico”, di LSD) la dimensione onirica e sembra piombare in quella allucinatoria. Gli spettri che tormentano la povera protagonista (interpretata da Giulietta Masina, prima tra i ghost/revenant dell'autore riminese), appaiono con cadenza regolare, quasi prevedibile: il film è un incubo lucido, il cineasta non perde mai il controllo, anzi sembra aver trovato la chiave per forzare il suo genio. Ormai lontano dalla sottomissione all'idea creativa che lo tormentava da fuori (il film/fantasma nato morto che non voleva abbandonare la sua immaginazione), il regista sceglie di raccontare e non di raccontarsi, creando così un di più, un eccesso, che si frappone fra lui e chi guarda. Lo spettatore avverte la traccia razionale, l'impianto narrativo celato oltre il tangibile, ma ne è irrimediabilmente tagliato fuori, perché l'unica strada percorribile è la personale consapevolezza dell'autore. Se “8½” era il perfetto punto di unione, “Giulietta degli Spiriti” non è altrettanto compiuto, e si incastra in un gioco di volontà e richieste: necessità di abbandono e inconciliabile riflessione distaccata.





Formalmente più coerente che contenutisticamente, “Giulietta degli Spiriti” porta avanti le sperimentazioni iniziate nel divertente “Le Tentazioni del Dr. Antonio” che si risolvono in un'attenzione maniacale dedicata all'uso del colore. Il regista, nella composizione dell'immagine, uno dei caratteri distintivi del suo cinema, si avvale in modo straordinario delle nuove possibilità cromatiche, ed anche il colore viene assimilato perfettamente in quella compatta unità sinestetica propria di ogni suo film. Vero e proprio mezzo narrativo (tanto quanto le musiche di Nino Rota, indiscutibile doppio musicale del regista) il colore irrompe con una violenza inaudita proponendo tinte accese e contrasto netto. Ancor più espressionista risulta l'uso dell'illuminazione: luci e ombre sembrano prese pari pari dalla cinematografia tedesca degli anni '20, filtrata attraverso l'esperienza del noir americano. La consapevolezza tecnica non si limita a nessun aspetto formale, e nel suo film più impenetrabile, Fellini non si tiene certo a freno: incredibile come, nonostante gli illustri precedenti, il regista riesca sempre a rinnovarsi e a stupire lo spettatore con una regia fluida ed imprevedibile.






“Giulietta degli spiriti”, proprio come i suoi personaggi che vivono nelle ombre e raramente si palesano, è un film incapace di smascherarsi, abita un'immagine residuale. Il di più a cui allude, nella forma quanto nel contenuto, è inarrivabile per quanto sempre presente. Abbandonando lo sforzo della ricostruzione, lo spettatore deve accettare l'impossibilità (difettiva) di cogliere, non tanto comprendere, il film nella sua interezza. Cosa rimane allora?
Rimane l'incredibile carica visiva di un “artigiano” geniale, frammentata in tante zone narrative solo apparentemente comunicanti. L'affresco felliniano, riconoscibile nelle sue infinite configurazioni, è presente in tutta la sua interezza: personaggi, situazioni, scene ed inquadrature, tutto parla e fa riferimento a quell'inconfondibile poetica identificativa dell'autore. Paradossalmente, poiché esibita per la prima volta così chiaramente ed incessantemente, in “Giulietta degli Spiriti” viene a mancare la magia, quel fantastico circo che permette ai personaggi (elementi) di muoversi agevolmente in uno spazio comune. Tutti insieme, per sempre.



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