martedì 11 febbraio 2014

Roma [Fellini Checklist 16/24]

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“Roma” sancisce l'apice della parabola documentaristica di Fellini che ha contraddistinto tutti i suoi film post-Satyricon. Il regista ripercorre la città, set di tanti suoi film, non solo spazialmente ma anche temporalmente. A ribadire la totale identificazione con le sue opere, c'è la coincidenza tra il luogo delle sue pellicole e il tempo della sua vita. “Roma”, dalla struttura episodica tipica di Fellini, presenta in aggiunta, una Storia divisa in due: da una parte la Roma degli anni '30 che accoglie un diciottenne Fellini per la prima volta, dall'altra la Roma degli anni '70, contemporanea, attuale e caotica. La volontà documentaristica si fonde definitivamente con la finzione autobiografica e i due piani sono ormai inscindibili.







Roma” mostra come la città, nonostante gli stravolgimenti temporali, riesca a mantenere una forte identità. Non tanto nel suo essere monumento, ma nell'essere patria di un popolo unico al mondo. La Roma di Fellini, è veramente quel circo che ha cercato di raccontare in ogni suo film. Nonostante la distruttività della guerra, vera e proprio cicatrice del 1900, oltre gli sconvolgimenti sociali degli anni '70, i romani hanno la capacità di andare sempre oltre, di rialzare la testa. Una forza che trascende il singolo ed è propria della città/contesto. Il romano è il clown che ossessiona l'iconografia felliniana, così triste ma così divertente. La volgarità, l'eccessività e l'arroganza sono più di semplici maschere: sono antidoti contro la vita. Nella sua semplicità, nel suo ridicolizzare tutto, nel suo sapersi dimenticare della morte che alberga per le strade, qui risiede la sua forza. Nella Roma di Fellini, surrealista ma veritiera, i bordelli si sovrappongono alle sfilate di moda ecclesiastiche: nella città eterna, tutto è possibile.







Roma” è una grandissima dichiarazione d'amore, un affresco così vivo e sincero che solo chi ha vissuto veramente questa città poteva dipingere. L'eterogenea vastità di Roma si sposa perfettamente con il multilinguismo di Fellini: l'unitario pastiche stilistico e di generi è più solido che mai in questa sua ultima incarnazione. Incredibile l'incedere dello sguardo del regista che lentamente cerca di entrare dentro ogni singolo edificio inquadrato come se tentasse di consegnare allo spettatore il segreto dell'eternità di Roma. Lo sguardo di Fellini, però, così intimista e indagatorio, risulta sempre estraneo. Lo scrutare degli attori in macchina ogni volta che il regista attraversa la città, non rompe ingenuamente una delle regole fondamentali del linguaggio cinematografico. Anzi, è proprio l'intuizione migliore che Fellini ha nei confronti dei romani: tra semplicità e diffidenza, in uno sguardo viene condensata l'essenza dei romani. In fondo, la reale inavvicinabilità di Roma viene confermata dalla donna/simbolo per eccellenza, Anna Magnani, che si rifiuta di dar confidenza a Fellini, seppur suo amico, e gli chiude la porta in faccia. Alla fine, Roma si lascia percorre da tutti, non nega la sua vista a nessuno: il suo fascino rimarrà eterno. In pochi, però, avranno il diritto di viverla.



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